CECILIA NOTA, Il futuro della PESC tra autonomia strategica e sovranità nazionale

di Patrizia De Pasquale

Abstract (ITA)

L’articolo esamina il futuro della Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) dell’Unione europea, concentrandosi sulla tensione tra l’autonomia strategica dell’Unione e la sovranità nazionale degli Stati membri in materia di sicurezza e difesa. L’invasione russa dell’Ucraina ha accelerato l’evoluzione della PESC e della Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC), ma ha anche messo in luce i limiti strutturali del modello decisionale attuale, ancora ancorato alla regola dell’unanimità. L’analisi ripercorre l’evoluzione storica della PESC, dalla Comunità europea di difesa fino al Trattato di Lisbona, e sottolinea come l’interazione tra integrazione sovranazionale e cooperazione intergovernativa abbia determinato le dinamiche attuali. Un elemento centrale è la competenza sui generis della PESC, caratterizzata dal suo carattere intergovernativo e dall’assenza di una chiara categorizzazione nei Trattati. Il dibattito sulla governance della PESC, emerso anche durante la Conferenza sul futuro dell’Europa, è trattato con particolare attenzione. Tra le proposte, l’estensione del voto a maggioranza qualificata e il rafforzamento del ruolo dell’Alto rappresentante emergono come potenziali soluzioni, ma la loro realizzazione è strettamente legata alla riforma dei Trattati. Attualmente, gli Stati membri ricorrono raramente alle modalità di semplificazione già esistenti, come la clausola passerella e l’astensione costruttiva, riflettendo una persistente difficoltà a superare le dinamiche intergovernative. In conclusione, l’articolo sottolinea che il futuro della PESC dipenderà dalla capacità di superare le resistenze nazionali e di riformare il proprio quadro decisionale, in modo da permettere all’Unione di affermarsi come un attore realmente “geopolitico” sulla scena internazionale, in grado di rispondere in modo tempestivo ed efficace alle sfide in continua evoluzione.

Abstract (ENG)

The article examines the future of the Common Foreign and Security Policy (CFSP) of the European Union, focusing on the tension between the Union’s strategic autonomy and the national sovereignty of its Member States in matters of security and defence. The Russian invasion of Ukraine has accelerated the development of the CFSP and the Common Security and Defence Policy (CSDP), but has also highlighted the structural limitations of the current decision-making model, still tied to the rule of unanimity. The analysis retraces the historical evolution of the CFSP, from the European Defence Community to the Treaty of Lisbon, and highlights how the interaction between supranational integration and intergovernmental cooperation has shaped the current dynamics. A central element is the sui generis competence of the CFSP, characterised by its intergovernmental approach and the absence of clear categorisation in the Treaties. The debate on CFSP governance, also discussed during the Conference on the Future of Europe, receives particular attention. Among the proposals, the extension of qualified majority voting and the strengthening of the role of the High Representative emerge as potential solutions, but their realisation is closely tied to Treaty reform. Currently, Member States rarely resort to the existing simplification mechanisms, such as the passerelle clause and constructive abstention, reflecting a persistent difficulty in overcoming intergovernmental dynamics. In conclusion, the article underscores that the future of the CFSP will depend on the ability to overcome national resistance and reform its decision-making framework, enabling the Union to establish itself as a truly “geopolitical” actor on the international level, capable of responding swiftly and effectively to ever-evolving challenges.

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